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Dal Salone del Libro in corso a Torino, Greenpeace lancia la campagna Salvalibri, censendo le case editrici italiane rispetto alla carta utilizzata per produrre i propri volumi. La crescita del digitale, anche come valida alternativa all’uso della carta.

Da Torino

Il libro è carta. Questa, l’ impressione che ancora si coglie tra gli stand del XV Salone Internazionale del Libro, al Lingotto di Torino fino a lunedì 14 maggio.

Carta che,  per pochissimi editori, è riciclata. Il rapporto di Greenpeace, “Salvaforeste” , presentato ieri a Torino, rivela che solo il 18% delle case editrici interpellate ha scelto di acquistare carta sostenibile aderendo al progetto “Editori amici delle foreste”; tra queste Bompiani, Fandango, Hacca e Gaffi. Un esiguo 6% stampa i propri libri su carta certificata FSC, proveniente cioè da foreste catalogate secondo standard affidabili, tra cui Marsilio e Fanucci.

Ma spesso sono gli stessi scrittori a chiedere all’editore la stampa su carta amica delle foreste o su carta riciclata. Come spiega Chiara Campione di Greenpeace, responsabile del progetto, “l’iniziativa è nata grazie alla volontà di scrittori come Niccolò Ammaniti, Andrea De Carlo, Carlo Lucarelli che hanno fatto da apripista al progetto e che oggi si propone anche come vademecum per gli editori su come pubblicare in modo sostenibile”.

Sul dato generale però il risultato rimane sconfortante: il 75% delle case editrici italiane non conosce l’origine della carta impiegata nella produzione dei propri libri. La maggior parte ha risposto che al massimo riesce a ricostruire a ritroso la filiera ma solo partendo dallo stampatore e, comunque, la maggior parte non ha una politica sostenibile. Tra questi, secondo Greenpeace, i principali gruppi editoriali italiani, quali Mondadori, RCS Libri, Gruppo Giunti e Gruppo Mauri Spagnol. L’Italia rimane quindi il più importante acquirente europeo di carta indonesiana e il maggior cliente del campione della deforestazione APP (Asia Pulp and Paper).

Ma non è solo l’uso della carta il problema per libri a basso impatto ambientale.

“Il rapporto con i fornitori”, spiega Marco Moro, direttore editoriale di Edizioni Ambiente, unico tra gli editori italiani che si occupa d’ambiente, “resta tuttavia uno degli elementi chiave per avere una buona produzione a basso impatto ambientale. È necessario essere certi delle materie prime utilizzate, soprattutto nel caso di servizi affidati a terzi. L’operazione più importante è individuare uno stampatore che utilizzi carta certificata. Fin dall’inizio della nostra attività, nel 1993, abbiamo sempre scelto carta di riciclo e, ancora oggi, per tutti i nostri libri usiamo solo carta riciclata o certificata no-chlorine”. “Purtroppo”, conclude Marco Moro, “gli altri processi produttivi quali stampa e legatura non siamo ancora in grado di controllarli”.

 - greenbrand2012“Essere green conviene”, così recita il claim dell’editore b&p communication ma, come spiega il fondatore, Paolo Cagliero, “è una faticaccia”. Al Lingotto è stata presentata l’edizione Green Brand 2012,  il libro che raccoglie le esperienze sostenibili di aziende italiane e internazionali tra cui Aran Cucine, Peugeot Automobili, Philips, Unilever Italia, Coca Cola HBC Italia, Natura Sì, IMQ e Ariston. Green Brand spiega come la sostenibilità ambientale e il marketing possano coesistere nelle sviluppo dei business-plain aziendali, come il green marketing possa influire sui cicli produttivi e come i brand leggano le diverse reazioni dei consumatori creando sinergia positiva tra mercato e ambiente. Il libro sarà distribuito in edicola il prossimo 17 maggio con Panorama Economy.

Ma a Torino si è discusso soprattutto di “Primavera digitale” che, secondo i dati commissionati dall’Associazione Italiana Editori, procede spedita. Oggi gli e-book si sono conquistati l’1% di un mercato che vale 1398 milioni di euro e che nel 2011 ha venduto 106 milioni di copie di libri. Il 2011 è stato l’anno della crisi per l’editoria tradizionale (-3,5% le vendite) e l’assestamento del digital che è cresciuto dallo 0,1% del 2010 allo 0,9% del 2011 (pari a 12,6 milioni di euro con un incremento del 740% rispetto all’anno precedente). Triplicano infatti i titoli digitali disponibili a maggio 2012 (sono oggi 31.615, erano 11.271 nel maggio 2011) e triplica anche la loro disponibilità nei vari formati come ePub, pdf, etc (le cosiddette “manifestazioni del titolo ebook” sono oggi 43.427, contro le 15.339 del maggio 2011).

Una nuova opportunità per un settore in crisi quindi ma anche un vantaggio per l’ambiente.
Un e-book vuol dire meno consumo di carta, meno emissioni dovute al processo di distribuzione, meno rifiuti, nessun combustibile utilizzato per trasportare i libri e nessuna sostanza chimica usata per la stampa. E l’arrivo di Amazon in Italia ne sta tracciando il percorso con non poche perplessità da parte degli editori.

“Un libro rimane ancora un prodotto di carta”, spiega Alessandro Grazioli, ufficio stampa di Minimum Fax, editore indipendente che l’anno scorso ha lanciato Re-Book, un concorso di design per creare oggetti utilizzando come materia prima libri altrimenti destinati al macero, “e oggi il nostro catalogo digitale riguarda solo il 2% delle nostre pubblicazioni”. Minimun Fax dove è possibile utilizza carta riciclata. Ad  esempio per la stampa del libro per ragazzi Il pianeta lo salvo io, titolo che “compensa” le emissioni di anidride carboniche prodotte dalla sua pubblicazione con nove alberi messi a dimora nel tratto torinese del Parco Fluviale del Po.

Di diverso avviso è invece Daria Bernardoni, social media manager di Bookrepublic, la principale libreria online indipendente che vende ebook in italiano, di tutte le case editrici. Con Bookrepublic si può organizzare il proprio bookstore scegliendo in base a genere, autore, argomento e approfondimento. “Oggi”, spiega Daria Bernardoni, “in una libreria fisica molto grande ci possono essere al massimo 70-80mila titoli. Con noi puoi anche scegliere il libro in base all’umore del momento: per ridere, per piangere o, per andare in bagno. Grazie a Zazie.it, il primo social network fatto da chi ama i libri, si può creare una libreria virtuale, archiviare, votare e recensire i libri che hai letto e scoprire nuovi autori e nuovi percorsi di lettura”.

Se lettori si nasce, digitali si diventa e ad esserlo sono soprattutto uomini. Secondo l’indagine di Blonk, editore digitale, condotta da NuMediaBios, osservatorio nuovi media dell’Università di Milano Bicocca, il 58,3% di chi legge e-book è maschio, abita nel Nord Italia (22,6%) e ha un’istruzione medio alta (35,3%). Il lettore tipo è quello che legge anche più di 15 libri cartacei all’anno ma non disdegna la pirateria on line. Il 32% del campione intervistato viola il diritto d’autore e, anche in questo caso, sono soprattutto gli uomini a non rispettare le regole.

Il prezzo rimane comunque il fattore chiave per il successo della nuova editoria digitale: il 49% degli intervistati vorrebbe pagare un e-book un terzo in meno del cartaceo e solo il 3% lo pagherebbe come un libro di carta.

“Oggi”, come spiega Andrea Bongiorni, della giovane casa editrice digitale Wepub, “purtroppo l’IVA al 21% non favorisce l’espansione di un mercato di per sè molto ristretto e ostacolato da numerosi fattori. Dovremmo invece avere un’IVA al 4%: abbiamo visto dimezzare i costi della tecnologia ed è giunto il momento che si inizi a parlare di favorire questo settore, anche dal punto di vista normativo”.

Guarda qui il video dell’incursione di Greenpeace al Salone del Libro 2012

Twitter: @Lucia_Navone