Un blog che parla di green economy lontano dalle cronache ufficiali e dai comunicati aziendali. Le storie del mondo green raccontate da un altro punto di vista.

Alla Triennale di Milano, in occasione del Salone del Mobile, l’incontro “Cosa viene dopo la globalizzazione. La ri-colocalizzazione”, organizzato dal Centro Formazione Manager del Terziario.

Dopo anni in cui abbiamo vissuto, in modo più o meno consapevole, nel processo di globalizzazione ecco che, crisi o non crisi, dobbiamo iniziare a ri-pensare questo modello. E a parlare non sono degli ambientalisti o dei sostenitori del modello “crescita zero” ma sono dei manager che stamattina, alla Triennale di Milano, hanno presentato l’evento: “Hereconomy. Il futuro è qui, localizzatelo”.

Un nuovo concetto di economia che deve necessariamente passare per la riappropriazione della propria identità, soprattutto a livello locale. Perché, come spiegano gli organizzatori, “è l’economia finanziaria che pensa globale; l’economia reale pensa e agisce locale”.

Un concetto apparentemente banale che possiamo associare al “cosidetto chilometro zero”, cioè l’uso di risorse in loco, nel pieno rispetto del territorio e delle sue unicità. Competenze e valori che, grazie alle nuove tecnologie, possono essere esportate ovunque ma soprattutto replicate all’infinito in ogni luogo e paese.

E’ l’esempio di Bio-on, azienda di Minerbio che produce la Minerv-Pha,  la plastica di seconda generazione destinata a rivoluzionare il mondo delle plastiche. La Bio-On rompe la membrana cellulare del batterio (che viene ridata da mangiare agli altri batteri), estrae la sostanza, la essicca, la lava e la riduce in polvere pronta a essere usata per costruire qualunque oggetto: bottiglie, sacchetti, fibre, dispositivi medicali, componenti elettroniche. Questa sostanza è naturale e viene digerita tranquillamente dai batteri presenti nell’acqua. Una plastica che scompare, o meglio si scioglie come uno zucchero e che può essere prodotta ovunque. Bastano poche e semplici materie prime.

Ma non sono solo i modelli esportabili le ricette per far ripartire l’economia. La nuova “hereconomy” propone soprattutto “il ritorno a casa” delle grandi corporation. Pensiamo ad esempio alla General Electric e alla produzione di frigoriferi che è tornata negli Stati Uniti, dove viene venduta a prezzi cinesi. Un modo, tra l’altro, per dare un po’ d’ossigeno ai mercati interni che, in America, come nel resto del mondo, hanno visto calare drasticamente la richiesta di beni e servizi. “Again made here”: qui è l’economia e qui sono le opportunità. Come dicono negli Stati Uniti, local manufacturing is the new Service Economy.

Ma chi saranno i protagonisti e chi guiderà questo cambiamento? Secondo Joost Beunderman – master in City Design and Social Science alla London School of Economics e responsabile dello studio londinese 2.00, uno dei laboratori inglesi più innovativi nell’urban design e progettazione di nuovi spazi lavorativi, economie locali e territoriali – “saranno soprattutto le micro realtà locali che, spinte e finanziate anche dai grandi gruppi, porteranno le proprie eccellenze in giro per il mondo. Insieme a loro, quello che oggi è considerato il no profit, vale a dire le risorse vitali della società civile, impegnate a più livelli. Nella tutela ambientale, nella riqualificazione del territorio,  nella valorizzazione delle proprie eccellenze”.

Il vento della globalizzazione è passato lasciando sul campo morti e feriti. Alla Triennale di Milano però, dove si è tenuto l’evento, si sta già guardando oltre. Nella settimana del design la progettualità è l’unica strada possibile per uscire dalla crisi e il fermento che c’è in Triennale, come in altri luoghi di Milano che ospitano i designer e i loro progetti, dimostra che la direzione è quella giusta.

Una direzione che, almeno secondo Joost Beunderman, sarà necessariamente percorsa in bicicletta, il nuovo status symbol della “hereconomy”.

Per l’Italia si tratta solo di riprendersi ciò che già ci appartiene: turismo, artigianato e creatività. In una parola, il bello della nostra italianità.

 

Fino al 14 aprile alla Triennale di Milano sarà inoltre possibile visitare la mostra Freedom Room. Un nuovo concetto di ospitalità; un modulo abitativo essenziale, a basso costo, pensato con i detenuti e prodotto in carcere. Una proposta/prodotto, una mostra, una installazione per l’ospitalità temporanea e sociale, hotel diffusi, ostelli