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100 mila persone lavorano nella green economy: la fotografia del Censis

54 sono i profili emergenti delle nuove professioni green più richieste dalle aziende: ingegneri, tecnici, manager, consulenti e venditori, impiegati soprattutto nel settore delle energie rinnovabili. Secondo i dati di Green-Job, il portale di recruiting on line di InfoJobs dedicato alle carriere eco-sostenibilii le figure più richieste riguardano la  categoria vendite dove agenti e commerciali sono al primo posto delle offerte con il 27% delle richieste.  A seguire, la categoria degli operai, produzione e qualità (19%), ingegneria (16%) e amministrazione, contabilità e segreteria (5%).

Il settore energetico più rappresentato è il fotovoltaico, seguito dall’eolico. Le regioni con il maggior numero di occupati nell’economia verde sono la Lombardia (26%), il Veneto (14%), l’Emilia Romagna (9%), il Lazio (8%), il Piemonte (7%) e la Toscana (6%).

Green-Job è un progetto nato in collaborazione con TimeStars – il primo magazine dedicato all’evoluzione dell’essere umano – e con la collaborazione di Legambiente, Kyoto Club e Quale Energia. Il canale Green-Job include sia offerte per posizioni “tradizionali” all’interno di aziende green (in amministrazione, vendite, contabilità) sia offerte per professioni più tecniche o, legate al settore specifico. Un punto di accesso privilegiato per le aziende e i candidati sensibili alle tematiche green, nato con l’obiettivo di sostenere le professionalità inserite in un settore in continua crescita e ad alto contenuto sociale, legato al miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente.

Uno scenario in continua evoluzione dove, secondo i dati di Nomisma, hanno lavorato, tra il 2009 e il 2010, 20mila persone. Guardando ai prossimi dieci anni diversi fonti prevedono un potenziale occupazionale che varia da 100.000 a un milione di nuovi addetti, a seconda dei comparti.

Questa previsione però,  secondo l’ultimo rapporto Censis, è da valutare con le dovute cautele e coinvolgerà diversi comparti industriali quali:

  • L’energetico, le costruzioni, la gestione di emissioni e rifiuti, la mobilità sotenibile, nonché il loro indotto manifatturiero sia a monte (nella produzione dei componenti) che a valle (nell’installazione e manutenzione degli impianti);
  • Nel primario, con imprenditori e lavoratori agricoli che operano nel campo del biologico, dei biocarburanti o che differenziano la propria attività producendo energia da biomasse;
  • Nei servizi dove lo sviluppo sostenibile diventa l’occasione per creare nuove professioni (ad esempio l’energy manager) e per trasformare attività tradizionali (ad esempio studi legali specializzati in tematiche ambientali, tour operator che propongono viaggi ecosostenibili, auditor ambientali, certificatori energetici).

Le cautele da addottare sono sostanzialmente di due tipi:

  1. da un lato è importante considerare che l’economia verde in questo momento beneficia ancora del sostegno pubblico e di agevolazioni ai processi di riconversione degli investimenti. Circa un miliardo di euro, ossia il 3,6% delle risorse Fesr (Fondo Europeo allo sviluppo regionale) per l’Italia 2007-2013 sono state destinate alle Pmi per la promozione di prodotti e processi rispettosi dell’ambiente.
  2. la seconda cautela è doverosa quando si parla, con troppo facile ottimismo, di nuove figure professionali garantite dall’espansione della green economy. In Italia il mercato più dinamico è quello delle installazioni di dispositivi (domestici o industriali) per la produzione e l’utilizzo di energia rinnovabile. Ma si tratta evidentemente di un’occupazione temporanea come del resto dimostrato dalla crisi che ha investito i distretti di Veneto, Friuli, Toscana ecc di fronte al taglio degli incentivi e alle incertezze legislative. Ben diversa e decisamente più stabile sarebbe un’occupazione legata allo sviluppo di nuove tecnologie e alla produzione di apparati che invece, allo stato attuale, sono soprattutto oggetto di importazione dall’estero.

E’ forse più ragionevole pensare che l’affermazione della green economy e, la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro, dovrà basarsi sulla reale volontà diffusa di investire in sistemi, procedure e tecnologie con ampi spazi di innovazione, in grado di ottimizzare gli usi delle risorse e di ridurre le esternalità negative in vista di un interesse reale, da riconoscere e perseguire, al di là degli aiuti statali e dei margini di guadagno che questi consentono. Il nuovo conto energia, che  prevede un premio aggiuntivo a chi adotta tecnologie particolarmente avanzate, apre una finestra importante sullo sviluppo della ricerca e dell’innovazione dove l’Italia potrebbe recuperare importanti spazi industriali con la creazione di nuovi posti di lavoro di alto profilo.

A margine di questo articolo riportiamo gli interventi di Stefano da Empoli, presidente I-Com e, Carlo Stagnaro, Direttore Centro Studi Istituto Bruno Leoni, pubblicati su “I falsi miti dell’energia. Domande e paradossi sulle energie di oggi e domani” che illustrano il loro punto di vista su green economy, economia e posti di lavoro.