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Mentre Londra vuole sostituire il petrolio con il vento, Berlino taglia i fondi alle rinnovabili e investe negli impianti a carbone.

Tutto il contrario di tutto nell’Europa del 20/20/20 (la direttiva UE che prevede di ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili)  dove l’approvvigionamento energetico è sempre al centro delle agende dei vari Governi con non poche contraddizioni.

La più eclatante viene dalla Germania. Il Governo della cancelliera Merkel, dopo aver da poco proclamato la grande svolta energetica con l’abbandono del nucleare entro il 2022 e il potenziamento di eolico e solare, ha da ieri cambiato rotta annunciando di voler destinare una parte dei fondi dedicati alle rinnovabili per finanziare la costruzione di nuove centrali a carbone. Una tecnologia non troppo pulita, peraltro obsoleta che dovrebbe essere sovvenzionata con i soldi per le energie rinnovabili in un Paese che ambisce alla posizione di leader nella produzione di energia da fonti alternative. Oggi il carbone copre circa il 40% delle forniture elettriche tedesche e il suo ruolo è destinato a crescere poiché, secondo il Governo tedesco: “tra il 2013 e il 2016 si prevede la costruzione di centrali fossili altamente efficienti, incentivata col 5% delle spese annue del fondo per l’energia e il clima. 166,5 milioni di euro che finirebbero in nuove centrali a carbone e, a gas. Come se non bastasse poi l’Agenzia delle reti ha proposto di mantenere operativa una delle centrali nucleari già spente da Berlino, come riserva per far fronte ad eventuali black out invernali.

E mentre la Germania va in controtendenza Londra decide, con grande sorpresa di tutti, di mantenere la promessa di essere il Governo più verde dal dopoguerra ad oggi. Di fronte al dubbio amletico espresso dal ministro liberaldemocratico Chris Huhne: “rimanere al buio o versare un contributo per investimenti rivoluzionari”, il Governo di David Cameron ha optato per una super revisione del sistema di approvvigionamento energetico. Entro il 2020 gli impianti obsoleti dovranno essere sostituiti (un quarto di quelli esistenti) e ci saranno investimenti massicci su energie rinnovabili e nucleare. Un sistema misto che garantirà ai cittadini di non essere esposti alle oscillazioni del prezzo del petrolio e di avere forniture costanti. Il prezzo da pagare però non sarà di poco conto: le bollette aumenteranno di 160 sterline l’anno. Un conto salato che, secondo il Governo inglese, consentirà di tenere le lampadine accese. Un piano ambizioso che prevede la costruzione di 20 nuovi impianti energetici, con un ritmo doppio rispetto a quello degli ultimi dieci anni. Soprattutto, prevederà la sostituzione del petrolio con il vento. Le energie rinnovabili saranno portate dal 7% al 30% del totale delle produzione prima del 2030 e, ancora una volta, il bacino sarà il Mare del Nord dove già l’Inghilterra ha raggiunto punte di eccellenza per la produzione di energia da fonte eolica.

Secondo gli analisti finanziari le fonti fossili servono a compensare le oscillazioni delle fonti rinnovabili ma su questi temi spesso sembrano oscillare anche i Governi europei e le loro scelte energetiche. Scelte che, comunque vadano a finire, graveranno sulle bollette dei cittadini. Secondo l’amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, 30 GigaWatt di fotovoltaico ci costeranno in bolletta più di 100 miliardi di euro al 2020. In Inghilterra già ora gli inglesi sono in coda per pagare le bollette che British Gas ha deciso di aumentare di colpo del 18%.