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La danese Vestas, leader mondiale nella produzione di turbine eoliche, licenzierà 2335 persone in Europa. La concorrenza asiatica tra le cause

La crisi non risparmia il gigante dell’eolico, la danese Vestas, un gruppo internazionale che nel 2010 aveva raggiunto un utile di 187 milioni di euro. Dallo scorso ottobre Vestas ha dovuto correggere, al ribasso, gli obiettivi poichè nel terzo trimestre ha visto perdite nette per 60 milioni di euro, abbandonando così gli ambiziosi target fissati al 2015: un fatturato di 15 miliardi di euro e un margine ebit pari al 15%.

La riduzione del personale, annunciata per il 10% dell’attuale forza lavoro, riguarderà soprattutto le figure amministrative che segue al drastico piano di ristrutturazione già avviato un anno fa e che aveva visto la chiusura di 5 stabilimenti produttivi e il licenziamento di 3000 persone. Ad oggi 2335 sono i posti di lavoro che Vestas taglierà nei prossimi mesi e, se il Governo statunitenese non rinnoverà le sovvenzioni sulla produzione, in scadenza a fine 2012, potrebbe procedere con un ulteriore taglio di 1600 persone anche negli USA.

La ristrutturazione coinvolgerà soprattutto l’Europa e 1740 persone, con il licenziamento di 1300 addetti in Danimarca e 449 in Germania, Italia  e Svezia, per arrivare a ridurre le spese di 150 milioni di euro l’anno, dalla fine del 2012.

Vestas in Italia è presente a Taranto dal 1998, con un organico di oltre 700 persone. Oltre a occuparsi del mercato italiano, il Service & Maintenance Centre di Vestas Italia segue i parchi eolici situati nell’ambito di un’area di mercato che comprende vari paesi del nord Africa e sud dei Balcani tra cui Albania, Egitto, Libia, Giordania. A Taranto hanno sede i due stabilimenti produttivi di pale e generatori e il centro di sorveglianza incaricato di monitorare più di 1800 turbine in diversi parchi eolici pari a 1.817 MW di potenza installata.

Tra le conseguenze della crisi, come già per altri comparti produttivi delle rinnovabili, il crollo dei prezzi e l’offensiva asiatica. A peggiorare la situazione anche la difficoltà dell’azienda danese di rinnovare la gamma di prodotti di fronte a colossi cinesi come Sinovel Wind e Xinjiang Goldwind Science & Technology.