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Lunedì 28 giugno a Milano, la presentazione del Biomass Energy Report del Politecnico di Milano

Montagna di cippato dell'impianto della TCVV a Tirano, in Valtellina

“Il sistema industriale italiano nel business delle biomasse: quale ruolo nel futuro energetico del nostro Paese”, questo il titolo del convegno che lunedì 28 giugno l’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano presenterà nella sede di via Durando.

Un quadro aggiornato dei trend tecnologici più rilevanti, delle evoluzioni attese del mercato delle biomasse, delle strategie dei principali operatori e delle dinamiche competitive che caratterizzano questo settore industriale che va dalla produzione di energia elettrica e termica attraverso la combustione dei residui agroforestali, dei rifiuti o degli oli vegetali, alla produzione di biogas, di biodiesel e bioetanolo.

Un settore che oggi, secondo i dati dell’Associazione italiana delle energie agroforestali (Aiel), conta 13mila imprese, 35mila addetti e che ha un fatturato annuo di circa 5 miliardi di euro.  Un comparto dell’economia italiana che secondo quanto dichiarato dal Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia durante gli Stati Generali del legno di Verona: “è destinata a raddoppiare. Il calore ricavato da biomasse triplicherà e il 45% di tutta l’energia rinnovabile dovrà pervenire dalle biomasse”.

Potenziale che, secondo la Coldiretti, “vale 3 reattori nucleari. Le biomasse, secondo l’Associazione degli agricoltori, “hanno un potenziale di 15,8 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio) al 2020, rispetto ai 4,3 milioni di tep attuali. Una quota pari all’8% del bilancio energetico nazionale previsto tra 10 anni”.

Un target che, secondo tutti gli operatori del settore, ha bisogno di una politica mirata, basata su tre capisaldi: semplificazione autorizzativa, differenziazione dei livelli di incentivazione e sviluppo tecnologico.

Il tutto però nel pieno rispetto del territorio agricolo: come tutti i mercati in crescita e in rapido sviluppo anche quello delle biomasse ha i suoi rischi. Utilizzare prodotti locali in impianti piccoli e non superiori al megawatt di potenza è fondamentale per evitare il consumo spropositato di legna e il disboscamento di aree forestali. Le biomasse infatti possono dare vita a un circolo virtuoso per le comunità locali: recuperare il patrimonio boschivo e lasciare l’uomo nei campi e nei boschi, riorganizzando ettari e ettari di terreno che diversamente andrebbe perso.

Una fonte quasi dimenticata negli ultimi anni che oggi vede il suo momento d’oro ma che non sempre è apprezzata dalle comunità locali. Un altro rischio, come per il fotovoltaico, è il proliferare di tanti mini impianti che, comunque, devono rifornirsi localmente con un trasporto via gomma della materia prima, dal bosco all’impianto. In Toscana  è prevista la costruzione di ben 50 centrali elettriche a biomasse per un totale di 100 MW per un investimento di 180-200 milioni. Impianti gasogeni di piccola taglia che, secondo l’ex presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, “verrebbero alimentati dalle pinete di Grosseto e Siena, oggi in stato di serio degrado e destinate a scomparire”, “Impianti che, secondo Vecchioni, “sono quasi a uso familiare”. Piccoli impianti da allacciare entro il 2012 per non perdere gli incentivi ma che contano però grandi azionisti: 41% l’Associazione Bieticoltori, 15% Assicurazioni Generali; 15% Enel Green Power. Il progetto è stato presentato, ora la parola passa alle comunità locali.