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salineionicheIl premier Mario Monti, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, ha dato il via libera al progetto della multinazionale svizzera Sei- Repower che punta a trasformare l’ex struttura della Liquichimica  in una centrale a carbone. Un progetto a lungo osteggiato da popolazioni locali e ambientalisti, nonostante la società negli ultimi anni si sia spesa – in modo più o meno aperto – per guadagnarsi i favori del territorio. L’ultima parola adesso spetta alla Regione Calabria che, peraltro, ha anche potere di veto sul progetto.

Fin dal  2007, quando la multinazionale dell’energia era arrivata a Saline ostentando numeri da capogiro – un miliardo di euro di investimenti, 1.320 megawatt di potenza, 300 posti di lavoro promessi – contro la centrale si erano schierati non solo i cittadini dei comuni interessati o limitrofi, ma anche tecnici e intellettuali.

Contro il mega impianto che ha ottenuto ieri la Valutazione di Impatto Ambientale da parte del Consiglio dei Ministri, si è costituito anche un comitato, il Coordinamento delle Associazioni dell’Area Grecanica che, negli anni, ha cercato di informare la cittadinanza sui rischi  che impianti del genere implicano. E i dati raccolti – anche sulle centrali già a regime – sono agghiaccianti. L’inquinamento nel distretto di Vado-Quiliano, in provincia di Savona – dove una centrale a carbone da 660 megawatt esiste già ed è grande non più della metà di quella che si progetta di fare a Saline – è dovuto per il 35% solo all’impianto, a fronte di un 22% del traffico veicolare. Fra tutti i combustibili fossili, il carbone è quello che produce proporzionalmente la maggior quantità di anidride carbonica, gas ritenuto fra i principali responsabili del cambiamento climatico.

Oggi abbiamo finalmente la possibilità di voltare pagina lasciandoci alle spalle la storia di un sito industriale realizzato negli anni Settanta che non è mai entrato in funzione. Invito tutti a lavorare insieme per riscrivere il destino di un’area che grazie alle eccellenze del Progetto Sei, potrà diventare il simbolo della ripresa del Paese (Fabio Bocchiola, Amministratore Delegato Sei)

Ma a preoccupare di più  è il problema legato alle scorie radioattive che provengono dalle centrali a carbone: a differenza di quanto succede in quelli nucleari, negli impianti a carbone le scorie non vengono filtrate e si disperdono con i fumi. Secondo Dana Christensen, del Laboratorio Nazionale di Energia Rinnovabile del Colorado (USA), le radiazioni emesse da una centrale a carbone sono 100 volte maggiori di una centrale nucleare, a parità di energia prodotta.

Eppure in Italia e a Saline si persevera, adesso anche con l’avallo ministeriale, nonostante un altro Dicastero – quello dei Beni Culturali – avesse espresso in passato parere fortemente negativo perché diciotto aree vincolate e cinque siti di Interesse Comunitario dovrebbero essere attraversate- dunque distrutte -dall’elettrodotto destinato a immettere l’energia in rete a Rizziconi. Anche il precedente Ministro, Stefania Prestigiacomo non aveva esitato a dare il via libera al progetto, ma i predecessori di Monti sembravano esitare a forzare la mano. Oggi però il clima sembra essere cambiato. E anche a livello locale, sono state registrate le prime avvisaglie di questo cambiamento. La maggioranza di Melito Porto Salvo ha bocciato, non più tardi di una settimana fa,  l’emendamento di Italia dei Valori, che chiedeva all’Amministrazione Comunale un netto “no” contro la centrale a carbone di Saline Ioniche. Una posizione che fa il paio con quella presa, tempo fa, dal Comune di Montebello Ionico, che, con atti deliberativi, si era schierato “ufficialmente” in sostegno della SEI.

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