Un blog che parla di green economy lontano dalle cronache ufficiali e dai comunicati aziendali. Le storie del mondo green raccontate da un altro punto di vista.

Per cercare di capire come questa campagna elettorale sia realmente vicina ai problemi della gente ho voluto usare il motore di Google inserendo due voci: prima “IMU e campagna elettorale” e poi, “caro bollette e campagna elettorale”.

Nel primo caso sono comparsi ben 761.000 risultati, il più recente di un’ora fa; nel secondo, 453.000 risultati di cui l’ultimo risale al 5 settembre 2012. Un semplice esempio per cercare di spiegare come i messaggi politici, di qualsiasi schieramento, siano soliti cavalcare attraverso i media ciò che ritengano faccia audience, dimenticando invece che sì l’IMU è un meccanismo regressivo ma ancora di più lo sono l’aumento dei cosiddetti consumi obbligati. Tra questi figurano le spese destinate alle bollette elettriche e a quelle del gas. E per riscaldare le proprie case nel primo trimestre di quest’anno gli italiani spenderanno l’1,7 per cento in più, circa 22 euro. Un meccanismo regressivo che colpisce i consumatori in modo indiscriminato, in particolare le famiglie a basso reddito; il costo del gas è uguale per tutti, come la benzina, con la differenza che il consumo di gas è pressoché irrinunciabile.

E come al solito poi siamo la pecora nera in Europa: la percentuale di tasse che paghiamo sul costo complessivo dell’energia elettrica è l’aliquota più alta (il 34% rispetto al 25 della Germania e al 17 della Francia), subito dopo i Paesi Bassi e la Romania. Un terzo posto che ci siamo guadagnati grazie al contributo di tasse e oneri aggiuntivi. Solo nell’ultimo anno  le bollette del gas sono aumentate di ben il 23,7 per cento. Come scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera del 6 gennaio , “più o meno quattro volte l’inflazione”. Tutto questo poi, come spiega Gionata Piccio, esperto della Staffetta quotidiana intervistato da Rizzo, “mentre il prezzo spot pagato dai venditori di gas sul mercato all’ingrosso italiano è sceso di circa il 15 per cento solo nell’ultimo anno”.

Qualcuno allora ci starà sicuramente guadagnando senza preoccuparsi che gli ultimi due anni sono stati i più duri per le famiglie italiane. Del resto la tassazione dell’energia è il modo che viene usato dallo Stato per fare cassa e compensare un gettito deficitario nella tassazione diretta, anche per via dell’evasione, con quella indiretta. Ad esempio, se pagassimo le stesse tasse che paga la virtuosa Germania, risparmieremmo almeno 1,5 miliardi l’anno.

Invece di risparmio non ne parla nessuno (tantomeno in campagna elettorale) e per quest’anno avremo, oltre alle imposte sul gas, un ulteriore aumento sempre pagato via bolletta elettrica. Entro il 2020 è previsto uno stanziamento di 900 milioni che ci costerà nell’immediato solo l’uno per cento ma che vale la pena analizzare. Duecento milioni (il 22% del totale) saranno destinati “all’efficienza energetica per gli edifici della Pubblica Amministrazione”, cioè dei soldi che torneranno allo Stato per pagare degli interventi di isolamento termico, vetri opacizzati, collettori solari termici. Opere che verranno ovviamente commissionate ai privati con evidenti benefici per le aziende del settore ma che, secondo molti operatori, potrebbero essere vincolate ai tempi lunghi di pagamento della burocrazia (oggi sopra i 200 giorni circa). Ed eccoci arrivare alla sofferenza non più solo delle famiglie italiane ma anche degli imprenditori. Tra l’altro, giusto per non farci mai mancare nulla, a fine anno nella Legge di Stabilità è stato inserito all’ultimo momento un emendamento che proroga per un anno gli incentivi del IV conto energia. Qualche centinaio di milioni che non piacciono persino alle associazione del settore e che  pagheremo in bolletta per finanziare l’installazione di pannelli solari – guarda caso – sugli edifici pubblici.

C’è da chiedersi allora se – a questo punto – è solo l’IMU la tassa che sta portando gli italiani verso la povertà o un sistema dove il consumatore continua a pagare per finanziare qualcosa di cui alla fine è sempre e solo lo Stato a godere. Di questo naturalmente non se ne fanno bandiere elettorali perché la “partita di giro” di questi soldi alla fine fa comodo a tanti: ai soliti politici e ai soliti privati che ne beneficiano.

Questo articolo è stato pubblicato su Ediltecnico.it del 14 gennaio 2013