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Il 10 marzo Berlusconi prometteva entro poche settimane “certezza al mercato delle rinnovabili”

parlamento europeo a strasburgo

Non è la prima volta e, purtroppo, non sarà l’ultima in cui l’Italia viene richiamata all’ordine dall’Unione Europea per il mancato rispetto delle Direttive europee in materia di tutela ambientale. Questa volta, il commissario europeo all’energia, Gunther Oettinger ha scritto al ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, per invitarlo, senza troppi giri di parole, “a intraprendere ogni sforzo per attuare la direttiva 2009/28/ce in maniera stabile e prevedibile e di essere particolarmente cauto nel considerare misure che possano avere ripercussioni sugli investimenti già effettuati”. Naturalmente nessuna risposta dallo Sviluppo economico che sta lavorando al testo del quarto Conto energia, varato dal governo il 3 marzo scorso in attuazione della direttiva 2009/28/ce, decreto che verrà presentato domani in Conferenza stato regioni.

Del resto bisogna rispettare le promesse fatte dai massimi rappresentanti del Governo. Il 10 marzo scorso il Presidente Berlusconi aveva dichiarato che “entro poche settimane il governo stabilirà il nuovo quadro di incentivi che consentirà alle aziende del settore la programmazione di investimenti per un mercato maturo di lungo periodo in vista degli obiettivi europei per il 2020”.

Obiettivi che però, secondo il Commissario europeo, non si stanno rispettando, Nella lettera la Commissione ricorda che, “l’Italia è tenuta a raggiungere la quota del 17% dei consumi finali lordi di energia da fonti rinnovabili entro l’anno 2020”. Questo vuol dire, secondo la UE, “non solo un consistente aumento della produzione interna, ma anche un ricorso a importazioni dall’estero attraverso i meccanismi di cooperazione previsti dalla stessa direttiva europea”.

Del resto il pressing dell’Europa sul rispetto delle direttive è ormai una consuetudine per l’Italia. Solo nel novembre dell’anno scorso siamo stati “richiamati” per non aver rispettato le regole in materia di qualità dell’aria, di trattamento delle acque reflue e di efficienza energetica degli edifici. La Commissione europea ha deferito alla Corte di giustizia quattro Stati membri (Cipro, Portogallo e Spagna oltre all’Italia), perché hanno disatteso la direttiva 2008/50 sull’inquinamento atmosferico causato dal Pm10, il provvedimento che intende limitare l’esposizione dei cittadini alle polveri sottili.

Allora il Commissario per l’ambiente  Janez Potočnik definì l’Italia “un partner irrilevante e poco affidabile”. Per gli edifici a impatto zero, la Commissione europea ritiene infatti che le norme italiane in materia di rilascio degli attestati di rendimento energetico degli edifici non rispondano alle esigenze fissate dalla direttiva e che l’Italia non abbia adottato alcuna misura relativa all’obbligo di ispezioni periodiche degli impianti di condizionamento dell’aria per valutarne il rendimento. Insomma anche quando le regole ci sono non si fa nulla per farle rispettare.

Al di là delle promesse, peraltro non mantenute, si dovrebbe forse iniziare a riconsiderare come spendere i soldi pubblici e fare realmente economia verde. Investire in energie pulite, studiare le cause del dissesto idrogeologico, prevenire i disastri ambientali sono una strada da percorrere per riqualificare ambientalmente il Bel Paese e creare un sistema virtuoso. I ponti di Messina, le Torino-Lione, il nucleare o le centrali a carbone dell’Enel non sono nulla di tutto questo.